"IL DIVO""

Lelahel..
00domenica 8 giugno 2008 00:39
Trailer "Il Divo"



Il Divo


Giulio Andreotti è l’asse gravitazionale della vita politica italiana. Nato nel 1919, partecipò a soli 29 anni all’Assemblea Costituente, ha ricoperto decine di volte la carica di Ministro (Interni, Esteri, Tesoro) e ben sette volte la carica di Presidente del Consiglio, fino a diventare Senatore a vita nel 1991.
Una figura misteriosa e imperturbabile che il regista Paolo Sorrentino ha voluto rappresentare in 110 minuti di film maestosamente diretto aprendo l’acceleratore sul grottesco, che gli è valso il premio della giuria all’ultimo Festival di Cannes.
L’attore protagonista è Toni Servillo, la cui grandezza è confermata ad ogni nuova prova e di cui qui si riconoscono a stento gli occhi sotto la trasformazione operata per renderlo Giulio Andreotti. Per quasi tutto il tempo, la macchia da presa è schiacciata su quei tratti riconoscibilissimi e quanto più preme sul personaggio più lui rimane immobile, perennemente pacato, come se tutto gli scivolasse addosso come la lunga sequela di omicidi e di suicidi che la regia non lascia intendere ma mostra nella sua crudezza.
Il film inizia con un glossario: Brigate Rosse, Democrazia Cristiana, Loggia P2, Moro Aldo e ripercorre i fatti della storia italiana degli ultimi quarant’anni attraverso Andreotti che tiene le fila direttamente o indirettamente di tutto quello che nel paese accade. Accanto a lui Paolo Cirino Pomicino (interpretato da un convincente Carlo Buccirosso), Franco Evangelisti (Flavio Bucci, in grande spolvero), Vittorio Sardella (Massimo Popolizio), Aldo Moro, Totò Riina, Giuseppe Ciarrapico, ma anche la moglie Livia (Anna Bonaiuto) e la storica segretaria Enea (Piera Degli Esposti), due figure femminili chiave nella vita dello statista.
Il ritratto di questo uomo politico è tratteggiato attraverso gesti metodici e reiterati, l’aspirina per il perenne mal di testa, i movimenti delle mani, i passi lenti, le decine di battute ironiche.
Solo sulla fine del film emerge l’uomo Andreotti, con un monologo sul tema della verità in cui – sconcertante per la figura curva che conosciamo – i toni pacati, “immobilistici”, diventano accesi, densi di un fervore luciferino. La potenza filmica è pregevole, creativa, piena di trovate e inquadrature inattese e con un uso della colonna sonora da applausi: ecco il neo surrealismo italiano!
Marco Cassisa

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