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Piccolo Lupo

“ Tanto tanto tempo fa c’era un piccolo Sioux, della tribù dei Lakota Minneconju, dal nome Piccolo
Lupo, figlio di Verde Piede, capo tribù e di Donna dagli occhi di Stelle, la donna più bella del
villaggio.
Piccolo Lupo era l’ultimo di sette fratelli ed era nato poco prima che l’uomo bianco venisse nella
Terra dei Sioux a depredarla di ogni cosa e ad impossessarsi di TUTTO.
Erano anni felici e spensierati per il bambino e la sua gente. Il rispetto della natura permetteva ai
Lakota, di vivere da generazioni nella terra che da sempre era stata dei loro padri.
Tutto era sempre rimasto immutato da che esisteva il mondo e i Lakota si addormentavano sognando
cieli stellati e verdi foreste.
Piccolo Lupo era nato con un segno particolare sulla spalla sinistra: una macchia che sembrava
l’impronta di un lupo.

L’Uomo – medicina, Colui-che-tutto-vede, gli predisse che il suo destino era legato alla foresta e al
lupo. Fu per questo che venne chiamato Piccolo Lupo.
Gli anni trascorsero e Piccolo Lupo divenne grande e forte. Durante la cerimonia in cui si celebrò per
lui ed altri giovani l’ingresso nella pubertà, ogni giovane lakota ricevette il suo totem.
Suo padre aveva scolpito nel legno di quercia il volto di un lupo e fattone un monile, glielo appese al
collo. Il suo spirito guardiano da quel momento gli avrebbe donato forza e vigore negli anni a venire
della sua vita e lo avrebbe accompagnato nel suo difficile cammino visto che lui un giorno sarebbe
diventato il Capo tribù.
Piccolo Lupo allora divenne triste perché da quel momento avrebbe dovuto dire addio per sempre alla
vita spensierata fatta di giochi, di corse a cavallo e di lunghe nuotate al fiume.
Avrebbe dovuto dire addio per sempre agli anni meravigliosi della sua infanzia: sarebbe dovuto
diventare un guerriero per poter un giorno diventare ciò che Wakan Tanka aveva scelto per lui e
prendere il posto che gli spettava nella tribù.
Eppure in cuor suo aveva il presentimento che una parte della sua vita si era definitivamente conclusa
e che giorni pieni di dolore avrebbero segnato il suo cammino.
Non capiva perché fossero quelli i suoi pensieri, ma non riusciva a pensare ad altro.
Il suo cuore in quel momento, malgrado l’atmosfera gioiosa, si sentiva dilaniato ed una strana
sensazione di angoscia, iniziò a pervadere ogni fibra del suo essere.
Sentiva una strana forza impossessarsi di lui e allo stesso tempo avrebbe voluto fermare il tempo e
tornare agli anni dell’infanzia.
Quella notte si sentiva particolarmente angosciato e non riuscì a chiudere occhio.
All’improvviso gli sembrò come se qualcuno lo chiamasse.
Poi udì nitidamente delle urla di dolore. Era un ululato. Ma era diverso dal solito, quello sembrava un
lamento di morte.
Faceva freddo quella notte di Dicembre e senza farsi sentire si vestì, prese arco e frecce ed uscì dal
tepee; prese quindi una fiaccola e montò sul cavallo recandosi verso la montagna che attorniava
l’accampamento della tribù.
L’ululato si faceva sempre più vicino. Poi li vide: una giovane lupa stava per dare alla vita la sua
cucciolata.
Piccolo Lupo si nascose dietro ad un albero deciso a partecipare a quell’evento straordinario ma
senza disturbare; mai prima di allora gli era capitata una cosa simile.
La lupa mise al mondo sette cuccioli, e dopo ore di dolore, finalmente aveva preso a leccarne il pelo,
amorevolmente.
Fredda è la notte sotto la luce velata della luna
Ma il lupo ne sente il calore,
ed ogni ululato
riscalda il suo spirito, che si eleva fino a toccare la volta celeste, per poter mostrare a tutti
quanta fierezza c’è in quel canto….
Piccolo Lupo da allora decise che avrebbe sempre vegliato su quella famiglia e sul branco alla quale
appartenevano; in quel momento si ricordò che il Sachem1 aveva raccontato loro che da tempo
washichun2 si aggiravano spesso sulla montagna in cerca di pelli.

Una volta erano stati anche nel villaggio ma suo padre, con l’autorità di Capo tribù, aveva rifiutato
quegli strani doni: delle bottiglie con uno strano liquido dal colore giallo oro, come i loro capelli.

Piccolo Lupo tornò al villaggio e senza farsi sentire, andò a dormire.
Si sentiva felice ed allo stesso tempo preoccupato.
Passarono gli anni e per tante notti Piccolo Lupo era tornato sulle montagne per accertarsi che il suo
spirito guardiano continuasse a correre libero nella notte di cui era padrone assoluto.
Ma washicun aveva affilato le sue armi e la brama del possesso aveva reso i cuori pieni di odio per i
Lakota di cui desideravano terre e ricchezze.
In poco tempo tutto cambiò e per i Lakota Minneconju, tutti i Sioux, fu la fine di un sogno.
Piccolo Lupo una notte salì sulle montagne e trovò la Lupa che tanti anni prima aveva messo al
mondo i sette cuccioli, distesa sul dorso. Era morta. La sua pelliccia era stata dilaniata dal colpo di un
fucile e dopo essere stata colpita, lasciata a terra.
Era anziana e per questo la sua pelliccia non aveva alcun valore per washicun. Aveva probabilmente
lottato fino alla fine per difendere quelli del suo branco insieme ai maschi del gruppo, ma non ce
l’aveva fatta.
Ovunque vi erano segni di una battaglia impari alla quale i suoi spiriti guardiani avevano ceduto.
Tutti morti.
Allora il giovane Lakota si portò il braccio destro sugli occhi cercando di asciugare le lacrime che
scendevano copiose. Si chiese mille volte perché era accaduto tutto ciò rivolgendo il suo urlo
disperato al cielo:
“ Il mio cuore è diventato duro come una pietra e non c’è più spazio per la tenerezza!”.

Nella notte gelida di Dicembre non udì altro che l’eco della sua voce che si perdeva nel buio della
fredda notte ed il battito del suo cuore, mentre un odio profondo si insediava nella sua anima.
Piccolo Lupo col cuore dilaniato da mille ferite tornò all’accampamento deciso in cuor suo di
vendicarsi.
Ma non ci fu tempo.
Egli non sapeva che quella notte sarebbe stata l’ultima della sua vita fatta di sogni e di speranze...